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Pubblicato sull’Yearbook Commercial Arbitration – 2020- Volume XLV - un lodo emesso da un collegio arbitrale presieduto dall’avv. Maria Theresia Roerig in una procedura arbitrale internazionale amministrata dalla Camera Arbitrale di Milano avente ad oggetto un contratto di distribuzione stipulato tra una società venditrice italiana e una società distributrice di nazionalità serba.

Il Tribunale di Roma con sentenza 14903 pubblicata il 20.10.2020 ha rigettato la domanda avanzata da una società immobiliare acquirente di un immobile nel centro storico di Roma che lamentava che la società venditrice, assistita dall’avv. Giulio Corsini, le avesse celato, e aveva comunque omesso di informarla, durante le trattative ed in sede di stipula del preliminare di vendita e del contratto definitivo, della necessità che sul fabbricato dovessero essere effettuati importanti lavori di consolidamento strutturale chiedendo pertanto una riduzione del 15% del prezzo di acquisto oltre il risarcimento del danno. Il Tribunale ha respinto la domanda evidenziando che il “compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’art. 1492 c.c. è gravato dell’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi” e che “Tuttavia, la riconoscibilità del vizio (equiparata alla conoscenza) esclude il sorgere della garanzia” e che “In caso di vendita di un bene appartenente a un edificio condominiale di risalente costruzione, i difetti materiali conseguenti al concreto ed accertato stato di vetustà ovvero al tempo di realizzazione delle tecniche costruttive utilizzate, non integrano un vizio rilevante ai fini previsti dall'art. 1490 c.c., essendo la garanzia in esame esclusa tutte le volte in cui, a norma dell'art. 1491 c.c., il vizio era facilmente riconoscibile, salvo che, in quest'ultimo caso, il venditore abbia dichiarato che la cosa era immune da vizi… essendo onere dell’acquirente esaminarlo con attenzione e diligenza”.

Applicando tali principi al caso concreto il Tribunale ha osservato che “Vi erano lesioni visibili dall’esterno, concentrate maggiormente sulle murature perimetrali di facciata” e “Il quadro visibile delle fessurazioni, unitamente valutato alla vetustà dell’edificio, avrebbe dovuto indurre” vista anche "l'importanza dell'acquisto" la società immobiliare acquirente che "si apprestava ad acquistare un appartamento sito in uno stabile realizzato tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, a verificare diligentemente, secondo il principio di autoresponsabilità, le condizioni strutturali dello stabile, da eseguirsi attraverso un tecnico di fiducia o mediante l’esame dei verbali assembleari”.

Il Tribunale di Grosseto con sentenza 356 pubblicata il 5.6.2020 ha accolto la domanda di rivendica promossa da un proprietario terriero, assistito dall’avv. Giulio Corsini, che lamentava che terzi si fossero appropriati di un suo vasto tenimento. Instaurata la causa il convenuto si costituiva spiegando domanda riconvenzionale di usucapione del terreno. Il Tribunale di Grosseto ha evidenziato che il non uso da parte del proprietario fondiario di per sé non comporta l’estinzione del diritto di proprietà che è imprescrittibile fatti salvi gli effetti dell’usucapione. Tuttavia il tempo utile al maturare dell’usucapione decorre solo dal momento in cui il terzo provi di aver incominciato a possedere con l’animus rem sibi habendi. In tal senso meri interventi che il terzo abbia effettuato, in absentia domini, sul terreno al fine di tutelare la  propria limitrofa proprietà non sono idonei a configurare l’animus richiesto dalla normativa disciplinante la fattispecie dell’usucapione.