Privacy violata, e‑mail dei dipendenti inutilizzabili in giudizio come prova.
La Cassazione civile, Sez. lavoro, sent. n. 24204 del 29 agosto 2025, con una sentenza molto interessante ribadisce che le e‑mail personali dei dipendenti, anche se inviate dal luogo di lavoro e conservate su server aziendali, rientrano nella nozione di “vita privata” e “corrispondenza” tutelate dall’art. 8 della CEDU.
Il caso: una società a responsabilità limitata aveva prodotto in giudizio e‑mail estratte dai computer aziendali per dimostrare atti di concorrenza sleale da parte di ex dipendenti. La Corte d’Appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, le aveva dichiarate inutilizzabili. La Cassazione ha confermato questa decisione, sulla base delle seguenti considerazioni:
«La posta acquisita proveniva da account personali protetti da password, e le indagini erano state espletate quando i dipendenti avevano già rassegnato le dimissioni».
«Le comunicazioni trasmesse dai locali dell’impresa nonché dal domicilio di una persona possono essere comprese nella nozione di “vita privata” e di “corrispondenza” di cui all’articolo 8 della Convenzione».
«Le e‑mail inviate dal luogo di lavoro godono di analoga tutela ai sensi dell’articolo 8, così come le informazioni tratte dal controllo dell’utilizzo di internet da parte di una persona».
«Non è consentita un’attività di controllo massivo: servono finalità legittime, proporzionalità e informativa preventiva ai dipendenti».
La Cassazione ha rigettato il ricorso della società, ribadendo che le prove informatiche raccolte in violazione delle garanzie di privacy e senza rispettare le procedure previste dallo Statuto dei lavoratori e dal Codice Privacy sono inutilizzabili.
Ne consegue, dai principi dettati dal Supremo Collegio, che in azienda, la vita privata e la corrispondenza dei dipendenti godono di tutela. Il rispetto delle regole di privacy e delle procedure interne non è solo un obbligo legale, ma un limite essenziale ai controlli datoriali.



